UN RISTRETTO PER IL SIGNORE
Ordinati 4 nuovi diaconi permanenti

Da Caritas Insieme TV del 17 gennaio 1998




Da Caritas Insieme TV del 17 gennaio, un concentrato di gioia ancora calda, per un evento che ha arricchito la Chiesa: 4 Diaconi dal 10 gennaio servono in Diocesi

Sabato 17 gennaio Caritas Insieme TV ha proposto una sintesi e una riflessione sull'ordinazione di 4 diaconi permanenti, celebrata in Cattedrale a Lugano otto giorni prima.
Questa rivista nel suo ultimo numero del 1997, ha già ospitato un articolo di Gianni Ballabio e la testimonianza di tre degli allora candidati al diaconato.
Questa volta, sfruttando la ricchezza del materiale presentato in televisione, vi offriamo un vero e proprio "ristretto", per assaporare con voi ancora un po' della gioia che ha attraversato la Chiesa locale e approfondire la scopertine/coperta di questa nuova figura di servizio nella diocesi, che fino ad oggi aveva avuto solo due coraggiosi pionieri, don Emilio Devrel e don Bruno Negri.


IL DIACONO È UN PRETE DI SERIE B?

Don Giorgio Paximadi:
"... Il diacono come prete mancato, come prete con qualcosa di meno, è effettivamente un equivoco molto presente che forse deriva anche da una scarsa attenzione, negli anni passati, al problema pastorale del diaconato.

Chiariamo subito che il diacono non è quel prete che non dice la Messa e che non dà l'assoluzione. Il diacono è colui che si occupa di altro, ma per capire la sua funzione dovremmo andare alle fonti bibliche a vedere cosa accadeva quando l'ordine del diaconato era una realtà viva e vissuta nella Chiesa.

... Un testo molto antico, dei primi secoli, ci dice che "ai diaconi vengono imposte le mani, per il ministero, non per il sacerdozio ..." I preti non sono dei diaconi, non hanno il loro stesso compito, e i diaconi non si devono sostituire ad essi.
... I diaconi sono coloro che si occupano di tutti i servizi necessari, perché la comunità ecclesiale possa assumere veramente il volto del corpo di Cristo".

Vi verrà addosso un fiume di grazia - dal Vescovo Eugenio al Vescovo Giuseppe, una storia che continua

Diceva il Vescovo Eugenio in occasione dell'ordinazione di don Bruno Negri (primo diacono permanente in Ticino): "Noi siamo chiamati a costruire il Corpo di Cristo, a rendere presente Cristo in mezzo agli uomini, a riconsegnarlo agli uomini come una realtà e una persona attraverso il servizio. Servizio vuol dire obbedienza, il servizio vuol dire disponibilità, il servizio ci libera da ogni forma di clericalismo perché è clericale chi usa la propria situazione per farsi servire. Il servizio ci purifica, purifica le nostre azioni, le fa diventare azioni-presenza di Cristo in mezzo alla gente. Fa diventare trasparente la nostra persona, per cui la nostra persona acquisisce una autorità nella Chiesa a queste condizioni di trasparenza, di volontà profonda, di servizio. La Chiesa vi pone in bocca la parola di Dio e vi consegna i Sacramenti".

Così si esprimeva sabato 10 gennaio il Vescovo Giuseppe rivolgendosi ai 4 ultimi diaconi permanenti: "Vi verrà addosso un fiume di grazia: vi avevo detto in uno dei nostri incontri, proseguendo con voi sulla strada tracciata dal Vescovo Eugenio, che ricordiamo con il cuore colmo di affetto e di gratitudine, perché fu lui a chiamarvi e con lui avete iniziato il vostro cammino di formazione che non termina oggi, ma che continuerà sempre per essere ogni giorno più degni del vostro nuovo essere e del compito affidatovi" ... "Voi come diaconi permanenti appartenete a Gesù".


IL DIACONO ABBRACCIA LA CROCE E METTE IN CROCE LA MOGLIE?

Silvana Balbo: "... lo credo che i doni che accompagnano questa Ordinazione, pur essendo più per mio marito che per me, sono di tutti e due, quindi a me, come moglie, non viene tolto assolutamente niente, se non forse, un pezzetto di tempo.
Però mio marito potrebbe togliermelo frequentando il bar, o andandosi a vedere tutte le partite. Avrebbe potuto essere di un Football Club, invece ha scelto di essere della Chiesa: è una questione di scelte. Sicuramente la sua scelta a me dà qualche cosa, un'altra non so cosa mi potrebbe dare. Forse mi porterà via del tempo, ma non mi porterà via il marito.


FAMIGLIA E CHIESA, PER IL DIACONO, RIVALI IN AMORE?

Silvana Balbo:
"... Quando poi, con il passare dei mesi, ho capito che più che essere una scelta di mio marito, era una chiamata che lui aveva ricevuto, sono caduti tutti gli ostacoli che io avevo dentro di me.
È stato infatti, come la chiamata al matrimonio. Noi ci siamo scelti per affinità di carattere e interessi comuni, però il nostro non è solo un matrimonio civile, ma anche religioso, una chiamata per ciascuno di noi alla quale abbiamo risposto. Nello stesso modo Dante, ha risposto ad un'altra chiamata. Dal momento in cui ho capito questo, non ho avuto più difficoltà, perché ho pienamente fiducia che, attraverso questo Sacramento, la sua Ordinazione, per la nostra famiglia, le ricadute, per usare un linguaggio comune, saranno positive.


IL SERVIZIO VIENE DA LONTANO

Gabriella Mattana:
"... Da quando abbiamo iniziato la nostra storia insieme e, poi, con il matrimonio, ci siamo donati la vita, avevamo piena coscienza di voler servire il Signore. Come, non sapevamo, tanto è vero che nel nostro cuore resta un grande desiderio di comunità, e abbiamo intrapreso varie esperienze di cammino con altre famiglie in questa direzione, ma in ognuno dei sogni che abbiamo inseguito, restava elemento comune la volontà di camminare con il Signore. La nostra famiglia avrebbe trovato la sua felicità nel fare la volontà di Dio. Il sì al diaconato di Marcel, nel mio cuore è nato proprio con l'idea di fare la volontà di Dio.
A un certo punto ho sentito che il sì di Maria, poteva essere anche il mio sì, detto al buio, senza conoscere il futuro. Anch'io, essendo così amata dal Signore, potevo dire il mio sì, perché comunque mettevo tutto nelle sue mani.


IL DIACONO E LE SUE PATERNITÀ

Marcel Mattana:
"... Quando prendi l'acqua e la versi sul capo di un bambino, apice del Battesimo, in quel momento avviene qualche cosa di miracoloso.
Forse oggi non si parla più di miracoli, ma io penso di aver assistito proprio ad un prodigio.
La formula dice: "lo ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo". Questo "lo" in quel momento è assolutamente inadeguato, perché io non sono niente come persona, mentre in quell'istante ho sentito tutta la Grazia Sacramentale. Allora si può pronunciare questo "io", perché non sei tu che battezzi, ma è Cristo stesso.

Nel medesimo tempo, Cristo opera per mezzo di te e allora vivi anche una paternità particolare. lo sono papà di una bambina di nove anni, eppure in qualche modo mi sento padre di questo bambino che ho battezzato, anche se in fondo non lo conosco, perché in quel momento è stato generato a vita nuova, generato come figlio di Dio."


IL DIACONO MODELLO DI CHIAMATA

Dante Balbo:
"... Questa esperienza straordinaria è la conseguenza diretta di un'altra, più fondamentale e diretta, che appartiene a tutti i credenti, laici, diaconi e sacerdoti, che è l'esperienza del Battesimo, nel quale si è ricevuto un sacerdozio, un dono profetico e regale, che sono i doni sacerdotale, regale e profetico di Cristo".
Gabriella Mattana: "lo penso che tutti hanno una chiamata dal Signore, non tutti diaconale, chi in una maniera, chi in un'altra. La nostra felicità sta nel rispondere a questa chiamata".